Fortnite contro il monopolio di Apple e Google

Fortnite, il popolare videogioco gratuito del 2017 sviluppato da Epic Games e People Can Fly, ha rapidamente conquistato l’interesse di 350 milioni di utenti in tutto il mondo. Disponibile per PC, PlayStation 4, Nintendo Switch, Xbox One (ma anche per i moderni smartphone iOS e Android), ha prodotto nell’ultimo anno un incasso di 1,8 miliardi di dollari grazie alla vendita in app di abiti, accessori ed elementi grafici utili a personalizzare l’aspetto degli avatar dei giocatori.
Di recente si è scatenata una battaglia piuttosto accesa fra i colossi dell’informatica Apple e Google e gli sviluppatori del gioco, i quali sostengono di essere vittime di un monopolio incontrastato che sottrae loro una parte non indifferente dei propri guadagni.

Epic Games e il rifiuto delle commissioni di App Store e Play Store

Gli sviluppatori e i programmatori che desiderano pubblicizzare e vendere i propri software, servizi e applicazioni all’interno dei negozi digitali di Apple e Google sono tenuti a sostenere un costo per la gestione delle piattaforme stesse. Tale spesa si concretizza nel corso delle transazioni economiche, in occasione delle quali viene trattenuta una somma che si aggira intorno al 30% del totale.
In questo periodo, diverse realtà tecnologie hanno concesso diverse offerte sui propri prodotti, in modo tale da incentivare le persone a rimanere il più possibile all’interno delle mura domestiche. Epic Games si è unito a queste iniziative servendosi, tuttavia, di una modalità che Apple e Google hanno considerato inaccettabile: il produttore di Fortnite ha introdotto un sistema di pagamento diretto che permetteva agli utenti di acquistare i V-Bucks (la moneta virtuale del gioco) a un prezzo scontato, ma solo perché non aveva pagato le commissioni richieste dagli store virtuali (e, di conseguenza, poteva permettersi di abbassare il prezzo).
Tale scelta, in effetti, si è configurata come una vera e propria violazione dei termini e condizioni dell’App Store e del Play Store e ha comportato la rimozione di Fortnite dai suddetti negozi digitali: ad oggi, il videogioco non può essere scaricato né tantomeno aggiornato.
La mossa di Epic Games, con tutta probabilità, era stata premeditata: la casa produttrice di Fortnite ha prontamente denunciato le due società con l’accusa di sfruttare una posizione di monopolio e ha iniziato a diffondere il trend #FreeFortnite attraverso un video in cui viene ironicamente ricalcato lo spot Apple del 1984 che, a sua volta, si era fatto portavoce della battaglia contro il predominio di IBM.

Il mercato suddiviso fra iOS e Android è un limite alla concorrenza?

Il mercato mobile è ormai suddiviso fra iOS e Android, che contano miliardi di dispositivi – e, dunque, consumatori – in uso in tutto il pianeta. Pur marcati da fondamentali differenze che li contraddistinguono, i due colossi dell’informatica sono accomunati da diversi episodi di malcontento che li hanno visti protagonisti, e che hanno pesato su alcune politiche e condizioni da essi imposte (prima fra tutte la già citata commissione del 30% sugli acquisti in app).
Molte società hanno sollevato in più occasioni la questione del limite alla concorrenza: prima di Epic Games, infatti, gruppi come Facebook, Microsoft, Netflix e Spotify hanno fatto altrettanto.
Si tratta, dunque, di una questione piuttosto delicata, che non coinvolge solo Fortnite, e nemmeno un insieme di società, quanto piuttosto un intero settore che comprende al proprio interno anche sviluppatori più piccoli i quali, per mancanza di disponibilità economiche o per limitato potere commerciale, non sono in grado di far valere le proprie ragioni.
E dunque, se a quanto sembra il sospetto – nonché l’accusa – di comportamenti lesivi dei consumatori o della concorrenza si stiano facendo strada nell’opinione di molti, è doveroso che tali pratiche vengano poste all’attenzione degli organi antitrust e valutate da una commissione competente, in grado di stabilire se è in corso o meno uno sfruttamento di una posizione dominante.
La questione dei monopoli è cruciale in ambito tech e oggi più che mai i garanti della concorrenza sono tenuti ad impedire il verificarsi di situazioni che potrebbero comportare la compromissione del mercato, nonché a tutelare i consumatori da qualsiasi tipo di danno o ingiustizia.
La vicenda appena trattata rappresenta un interessante spunto che potrebbe aprire la strada alla ridefinizione di un contrasto da tempo sotto gli occhi di tutti: quello fra le company e il mondo regulatory. Come andrà a finire?

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