L’Europa, rispetto ad altri Paesi, si è sempre dimostrata molto attenta ai processi di raccolta e utilizzo dei dati sensibili dei cittadini: Il GDPR, quell’insieme di norme che regola la trattazione dei dati personali, ne è la dimostrazione.
Allo stesso modo, è sempre stata molto cauta sulla diffusione delle tecnologie che permettono il riconoscimento facciale, in particolar modo nei luoghi pubblici. L’UE, infatti, sembrava intenzionata ad applicare un provvedimento atto a vietare l’utilizzo di tali strumentazioni per almeno 3/5 anni.
Il documento, infatti, riporta quanto segue: “Basandoci sulle norme attuali, il futuro quadro normativo potrebbe andare oltre e prevedere un divieto temporaneo all’uso del riconoscimento facciale nei luoghi pubblici”. In quest’arco temporale, compreso tra tre e cinque anni, la Commissione è tenuta a determinare “una robusta metodologia per verificare l’impatto di questa tecnologia per identificare e sviluppare le possibili misure di gestione del rischio. […] Questo è a salvaguardia dei diritti dei cittadini, in particolare contro qualsiasi possibile abuso della tecnologia. Potrebbe essere necessario prevedere qualche eccezione, in particolare per le attività nel contesto della ricerca e sviluppo e per scopi di sicurezza“.
L’UE revoca il divieto di riconoscimento facciale quinquennale
Alcune indiscrezioni del Financial Times suggeriscono che, all’interno della nuova versione del testo sopracitato, non sia più presente alcun riferimento alla moratoria, un’omissione che potrebbe far presupporre che l’utilizzo delle nuove tecnologie relative al riconoscimento facciale sia ormai libero. Ma non è esattamente così: pur non vietando esplicitamente tale strumentazione, l’UE invita gli stati membri a predisporre le proprie regole sull’argomento.
Il dibattito fra gli attivisti per i diritti civili e gli esperti di sicurezza
Questa inversione di rotta, secondo Engadget, è dovuta ad un dibattito “divisivo”: una fonte che ha familiarità con entrambe le bozze ha affermato che la moratoria era popolare tra gli attivisti per i diritti civili, ma è stata rifiutata dalla comunità degli esperti di sicurezza. Chi opera nel settore tecnologico, infatti, sostiene che il riconoscimento facciale potrebbe rivelarsi estremamente vantaggioso per individuare i malviventi e arginare gli episodi criminosi; dall’altro lato, tuttavia, c’è chi afferma che l’impatto di una strumentazione di tale portata richieda una valutazione molto approfondita, che prenda in considerazione anche le eventuali implicazioni negative sulla privacy e sulla sicurezza dei cittadini.
In effetti, gli avvenimenti che delineano gli sviluppi potenzialmente inquietanti di queste tecnologie non sono rari: basti pensare all’episodio che ha visto protagonista l’imprenditrice Dong Mingzhu, accusata di aver attraversato la strada con il semaforo rosso. In realtà si era trattato di un errore del sistema di riconoscimento, il quale aveva scambiato il volto della donna con quello che compariva su una foto attaccata ad un autobus.
Una questione aperta
In ogni caso, con tutta probabilità, nemmeno le ultime dichiarazioni dell’UE relative al riconoscimento facciale sono da considerarsi effettive, né tantomeno definitive, in quanto potrebbero subire ulteriori modifiche – specialmente di fronte a quanto stabilito dal GDPR sulla limitazione della raccolta dei dati biometrici sensibili.